No. Rilanciarlo nel nome dell’innovazione

La segreteria provinciale Partito democratico interviene con Diego Crivellari.

Abbiamo letto negli scorsi giorni, con un certo stupore, le dichiarazioni del Consigliere regionale e coordinatore provinciale del Pdl Mauro Mainardi in merito al Parco del Delta, visto come “grande pro loco” e dunque, in definitiva, come ente incapace di incidere in modo sostanziale nello sviluppo del nostro territorio. 
Dichiarazioni riprese pure in qualche altra autorevole sede del mondo politico locale. “Cui prodest”, verrebbe da dire?
Anche tralasciando il fatto che oggi il Parco è gestito da un presidente targato Pdl (Gennari), con vicepresidenza alla Lega, corre l’obbligo di ricordare come il Parco del Delta non sia stato il parto improvviso di qualche mente solitaria o il progetto esclusivo di una parte politica, ma l’approdo coerente di un lungo percorso storico, culturale e anche politico, che individuava in questo strumento non solo un modo efficace per tutelare l’equilibrio di un territorio così fragile e prezioso, ma un possibile volano per il suo sviluppo: uno sviluppo che vedesse come protagonista proprio il Delta e la sua gente, che fosse finalmente pensato e realizzato nel Delta e per il Delta.
 Queste premesse mantengono oggi pressoché intatta la loro validità e la loro urgenza: un motivo in più per richiamare l’Ente parco alle sue ovvie responsabilità, ma anche per riconfermarne il suo ruolo strategico per il futuro del territorio bassopolesano. Le scorciatoie demagogiche o le proposte di abolizione lanciate a mezzo stampa, come quelle di questi giorni, lasciano, in questo senso, il tempo che trovano.
 Oggi occorre piuttosto che le forze politiche e sociali del Polesine si interroghino sul tipo di “governance” più efficace da affidare al Parco, individuando le priorità, le scelte da condividere per il suo effettivo rilancio e gli interlocutori capaci di sostenere concretamente l’attività dell’ente nel tempo. In questa ottica la Regione del Veneto, rappresentata autorevolmente anche da Mainardi, è chiamata a fare la sua parte con atti concreti e non con le fughe in avanti.