In arrivo cedole più ricche

Aumentano gli utili e anche i dividendi per gli azionisti – Bene anche le banche locali

Da Intesa Sanpaolo a Unicredit, da Bper alla Cassa di Ravenna fino alla Bcc ravennate, forlivese e imolese   per le banche, dalle più grandi alle taglie medie, è un profluvio di risultati di bilancio positivi. E di dividendi che aumentano: nel caso di Bper addirittura raddoppiano,  per Unicredit l’aumento è dell’84% e per Intesa siamo ad un rendimento del 3,5% rispetto al valore del titolo e anche la Cassa di Ravenna propone una cedola in crescita e ancora più sostanziosa per chi accetta le azioni al posto del cash; sia Unicredit che Intesa presentano un utile netto che supera i 5 miliardi di euro. E questo grazie a margini di interesse in crescita e anche ad una forte diminuzione del crediti deteriorati. E anche le previsioni per il 2023 sono positive. Da parte sua per la Bcc il sostegno in termini di solidarietà e beneficienza al territorio e i riconoscimenti in termini di benefit, dividendi e rivalutazione a favore dei soci ha superato complessivamente la cifra record di 5,5 milioni di euro.

Sono tre le voci che portano ricavi nelle casse delle banche: commissioni, trading e intermediazione. La prima voce comprende ciò che la banca fa pagare ai clienti per gestirne le varie operazioni, da prelievi e bonifici ad altre più complesse. La seconda sono gli introiti generati dalla compravendita di titoli. La terza, la più importante, che genera circa il 60% dei ricavi, sono i profitti che provengono dalla differenza tra gli interessi che la banca chiede per prestare soldi e quelli che paga a chi glieli presta, ossia per lo più famiglie che tengono i soldi sul conto (che in totale “ospitano” 1500 miliardi di euro). In quest’ultimo caso anche tali interessi dovrebbero salire; invece tenere i soldi sul conto continua a non fruttare pochissimo mentre spostarli su un conto deposito (vincolando quindi il denaro per un dato periodo di tempo) produce qualche punto percentuale ma ben al di sotto del tasso di inflazione il che significa che in realtà si perde denaro.

Secondo quanto emerge dall’analisi condotta dalla Fondazione Fiba per First Cisl sui bilanci del 2022 dei primi cinque gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper) il 2022 si è chiuso con ricavi in crescita (+ 8,3%) grazie alla forte accelerazione degli interessi netti (+ 18,9%). Gli utili sono aumentati del 26,3%. Il margine primario per dipendente supera i 200mila euro e segna un incremento di oltre il 10%, in forte crescita in ognuno dei gruppi considerati, in un contesto in cui i mercati finanziari hanno determinato una riduzione delle commissioni nette (- 2,2%). Emerge quindi che i maggiori ricavi sono stati realizzati quasi integralmente attraverso la gestione dei rapporti con la clientela. Peraltro, il totale del debito sovrano italiano diminuisce di oltre 14 miliardi rispetto al 2021 e aumenta la quota dei titoli di Stato contabilizzati al costo ammortizzato (dal 57,7% al 63,8%), che le banche intendono detenere fino alla scadenza. Ciò determina una minore esposizione all’andamento avverso dei mercati. Infatti nel caso di ulteriori rialzi dei rendimenti dei titoli di Stato a tasso fisso, i riflessi sui conti economici e sul patrimonio, dovuti alla correlata riduzione dei prezzi, si prospettano limitati.

“La riduzione dell’ammontare dei titoli di Stato nei bilanci dei maggiori gruppi bancari italiani – commenta il segretario generale di First Cisl Riccardo Colombani – è un fenomeno che va monitorato attentamente per i suoi riflessi sulla solidità del settore, ma anche per il suo rilievo quanto agli indirizzi di politica economica.  L’aumento dei tassi ha fatto esplodere il margine d’interesse e gonfiato gli utili: un trend che probabilmente si rafforzerà nel 2023. La risalita dei tassi conferisce inoltre nuova centralità all’intermediazione creditizia e ad un modello di business incentrato sul valore del lavoro. Anche per questo è necessario aprire la stagione della partecipazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Una partecipazione che, per essere autentica, deve realizzarsi attraverso i sindacati, per elevare il lavoro alla stessa condizione del capitale, senza che vi sia una scala gerarchica tra gli stakeholder. Dai risultati – conclude Colombani – emerge che il maggiore valore è stato creato dal lavoro, per questo ai buyback ed ai dividendi deve affiancarsi l’incremento del salario contrattato collettivamente”.