
Gli imprenditori romagnoli chiedono una riapertura dei termini
Durante la pandemia è partita una girandola di aiuti per l’economia del valore, secondo una stima del ministero dell’Economia, di circa 750 miliardi. Un flusso imponente di denaro che ha tentato di sostenere le piccole, medie e grandi imprese e i lavoratori autonomi colpiti dall’epidemia di Coronavirus. Dai crediti di imposta ai prestiti garantiti fino ai contributi a fondo perduto e ai finanziamenti agevolati, le occasioni non sono mancate ma di certo, come lamentano alcuni imprenditori, non tutte le imprese sono state adeguatamente sostenute così come hanno fatto discutere i criteri attraverso i quali i fondi sono stati destinati. Nel settore del commercio, ad esempio, sono stati penalizzati gli esercizi che sono rimasti aperti ma di fatto la clientela non si è vista causa il blocco degli spostamenti. E la confusione è stata tale che secondo molti andrebbero riaperti i termini per poter usufruire dei benefici così come andrebbero intensificati i controlli sui percettori degli aiuti stessi. Infatti, una così rilevante massa di denaro non poteva non far gola a imprenditori e soggetti disonesti. Da ultimo lo ha dimostrato una indagine della Guardia di Finanza di Faenza che ha effettuato un controllo su una ditta individuale nell’ambito di una più ampia attività di contrasto all’utilizzo illecito di finanziamenti pubblici. La ditta in questione aveva ottenuto un finanziamento agevolato di 25mila euro assistito dalla garanzia gratuita rilasciata dal Fondo Centrale di Garanzia per le piccole e medie imprese, con l’impegno di destinare i soldi a finalità di risanamento aziendale, sia per pagare il personale sia per far fronte a debiti scaduti nel periodo di emergenza pandemica. L’uomo è accusato malversazione ai danni dello Stato (pena prevista da sei mesi a quattro anni) per aver utilizzato a fini personali buona parte dei fondi di un finanziamento ottenuto con agevolazioni per fronteggiare la crisi dovuta alla pandemia (il cosiddetto decreto Liquidità del 2020). Invece le indagini hanno permesso di accertare che la gran parte delle somme era rimasta giacente per alcuni mesi nel conto aziendale per poi essere spostata, senza giustificazione, sul conto corrente personale del titolare dal quale, due giorni dopo, era stato disposto il pagamento di un acconto per l’acquisto di un cavallo (si veda Ravenna24Ore del 27 gennaio scorso).
La dimostrazione, se mai ve ne fosse bisogno, da un lato della spregiudicatezza di alcuni percettori di aiuti (sempre che le accuse reggano poi al vaglio degli inquirenti) e dall’altro della necessità di fare accurati controlli sulla destinazione finale delle somme. Non deve succedere, infatti, che la disonestà di pochi metta repentaglio il diritto di accedere ai benefici da parte delle imprese che hanno effettivamente sofferto i danni della pandemia. E, secondo alcuni lettori di Ravenna24Ore, avrebbe senso, anche per ragioni di equità, riaprire i termini per consentire alle aziende, specie quelle medio-piccole, di ottenere gli aiuti stabiliti per l’emergenza Covid.