L’Agenzia delle Entrate vince solo metà delle controversie che avvia

L’Associazione Italiana Dottori Commercialisti contesta la tesi delle Entrate secondo cui chi riceve una cartella (19 milioni tra società e persone fisiche) è un evasore

Appena la metà delle liti tributarie terminano con un giudizio a favore dell’Agenzia delle entrate. Sono ancora di meno se il contribuente ricorre in appello. Eppure, secondo il direttore dell’Agenzia delle entrate, Ernesto Maria Ruffini, in Italia vi sarebbero ben 19 milioni di persone che rientrano nella categoria degli “evasori”, per il solo motivo che avrebbero “almeno una cartella esattoriale”. “Una tale affermazione – commenta il presidente AIDC, Associazione Italiana Dottori Commercialisti,  Andrea Ferrari – non può che lasciarci basiti ed esterrefatti: è come se un contribuente su due fosse un evasore. Anche ove si volessero tralasciare per un attimo le pur innegabili ripercussioni economiche della crisi pandemica, non si potrebbe ignorare l’andamento degli esiti delle controversie tributarie”.

AIDC ha ritenuto opportuno analizzare ed approfondire il contenzioso tributario, partendo dai tantissimi ricorsi avverso alle cartelle esattoriali ancora giacenti e pendenti nelle commissioni tributarie agli esiti di quelli già definiti. Non si può non sottolineare che sempre più spesso il giudizio risulti favorevole al contribuente (circa il 25% del totale degli esiti) o si giunga a un giudizio intermedio (pari al 10%) o una conciliazione (2%) o ad altri esiti in seguito a una modifica della normativa o per la cessata materia del contendere (11%). Valori percentuali che tengono conto sia dei giudizi di primo grado, che comprendono i ricorsi alle commissioni tributarie provinciali, sia quelli di secondo grado che si riferiscono agli appelli alle commissioni tributarie regionali.

Con dati alla mano, dunque, come si può considerare “evasore” un contribuente solo perché intestatario di un carico a ruolo, che ben potrebbe essere riferito a pretese tributarie sub iudice e che potrebbero, perciò, essere annullate?.

Dal direttore dell’Agenzia delle entrate “non possiamo aspettarci valutazioni così demagogiche e per questo non possiamo che stigmatizzare l’immagine fortemente lesiva che si è voluta dare dei contribuenti italiani”. Come dottori commercialisti italiani “siamo da sempre vicini agli imprenditori ed ai professionisti e non possiamo condividere affermazioni di tale contenuto e rese senza contraddittorio. Ancor di più all’indomani dell’emanazione di una norma che limita gravemente proprio il diritto di difesa dei contribuenti destinatari di cartelle di pagamento. In un momento, peraltro, di quanto meno discontinuo funzionamento degli uffici dell’amministrazione finanziaria. Riterremmo opportuno, perciò, avviare un dibattito con il direttore Ruffini non solo sul tema dell’attività di riscossione dell’Agenzia delle entrate, ma soprattutto del rispetto delle norme dello Statuto dei diritti del contribuente”.