Servono più fondi dal decreto Ristori

Serve liquidità immediata al sistema

Nessuna pace per i pubblici esercizi italiani. Il nuovo Dpcm illustrato ieri sera dal presidente del Consiglio agli italiani  aggraverà i problemi di un settore già al collasso: nei prossimi 30 giorni è prevista la sospensione dell’attività di circa 90mila pubblici esercizi, il 27% del totale, con 1,6 miliardi di euro di consumi in meno e 306mila lavoratori costretti a casa. Tutto questo solo nelle zone rosse dove verranno applicati i provvedimenti maggiormente restrittivi. E nelle altre zone la situazione permane gravissima.

“Quello che si sta abbattendo sulle imprese della ristorazione è un vero e proprio tsunami”, sottolinea Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi. Anche perché, come testimoniano i dati del registro delle imprese del settore camerale, la situazione dei pubblici esercizi era già drammatica prima dell’ultimo provvedimento, con 10mila imprese in meno tra marzo e ottobre 2020, rispetto allo scorso anno. È dunque quanto mai necessario ampliare la dotazione economica del decreto Ristori e far fronte alle ulteriori criticità che si andranno a creare nelle zone rosse e arancioni”. “Parallelamente – prosegue Fipe-Confcommercio – è indispensabile siglare un patto con il sistema bancario. Oggi le nostre imprese vengono percepite come poco affidabili e questo rischia di compromettere anche le misure di sostegno al credito messe in campo dal governo. Ecco perché non c’è più un minuto da perdere: senza un’iniezione immediata di liquidità, l’ecatombe imprenditoriale e occupazionale rischia di diventare irreversibile”.