La crisi porta liquidità nei conti correnti degli italiani (più fortunati)

Aumentano i depositi (23 miliardi in più) di famiglie e imprese grazie a minori spese – Favorito chi ha avuto stipendi assicurati e non decurtati dalla Cig o dalla perdita del lavoro

Aziende chiuse senza clienti né fatturato, famiglie tappate in casa e l’Italia intera bloccata dal lockdown. Sorpresa, fino a un certo punto, nel frattempo,  le imprese italiane hanno aumentato la liquidità sui depositi bancari di 19,9 miliardi e le famiglie di 34,4 miliardi. Oltre 54 miliardi si sono insomma aggiunti sui conti correnti nei tre mesi più neri del coronavirus (febbraio, marzo e aprile), contro i 31 dello stesso periodo dell’anno scorso. Lo rivela la Banca d’Italia, che il 10 giugno ha diramato i dati relativi al mese di aprile comunicando che rispetto ad aprile 2019 i depositi bancari del settore privato sono cresciuti del 6,8%. Come dicono gli economisti “cash is King”, il contante è il re.

Il boom di depositi bancari

Gli italiani amano da sempre tenere il denaro sui conti correnti. Circa un terzo dei 4.300 miliardi di ricchezza finanziaria delle famiglie (escludendo gli immobili) è infatti da sempre parcheggiata su conti, depositi o contanti. In un momento di crisi è dunque normale che le famiglie e le imprese abbiano messo fieno in cascina più possibile. Ma la tendenza è stata mondiale se si considera che i gestori globali di fondi a marzo avevano il 5,9% del patrimonio in liquidità e ad aprile il 5,7%, contro una media storica del 4,7%.

Il rinvio di tasse e rate sui mutui

A gonfiare i conti correnti di chi ha continuato a  percepire stipendi o pensioni (per gli altri è stata decisamente più dura, ma ci torneremo)  c’è stato il rinvio delle tasse e la moratoria sui mutui: Mef e Banca d’Italia hanno reso noto che nei mesi del coronavirus le banche in Italia hanno deliberato complessivamente 300 miliardi di euro fra moratorie e anticipi di nuova liquidità a ben 3 milioni di clienti, di cui 1,7 milioni di imprese e 1,3 di famiglie. Una liquidità che, temporaneamente, ha gonfiato i conti correnti.

L’impatto dei disinvestimenti

C’è poi stato un forte disinvestimento dai fondi comuni e dalle gestioni patrimoniali da parte delle famiglie italiane, spaventate dal collasso dei mercati finanziari a inizio lockdown. Secondo i dati di Assogestioni, nei mesi di febbraio, marzo e aprile le famiglie hanno infatti ritirato dall’industria del risparmio gestito oltre 7 miliardi di euro. Anche questi sono soldi in gran parte rimasti parcheggiati sui conti. Stesso discorso per il disinvestimento da Borse e obbligazioni.

Emolumenti garantiti, spese crollate

Infine c’è un ultimo motivo: molti lavoratori dipendenti hanno continuato a percepire lo stipendio pieno (altri decurtato con la cassa integrazione), ma le spese durante i mesi del lockdown sono diminuite drasticamente. Niente  viaggi, ristoranti, benzina o svaghi costosi: il taglio delle spese è stato consistente per tutti, e ha gonfiato i conti correnti di chi ha continuato a percepire lo stipendio pieno o quasi pieno. Un privilegio di cui non tutti hanno goduto ma le statistiche … non sono democratiche. .

L’utilizzo del tesoretto

Se questa liquidità aggiuntiva sui conti è in gran parte giustificata dalla prudenza e in gran parte sarà risucchiata dalle spese future (tasse e quant’altro), è anche vero che in parte potrebbe essere impiegata al sostegno del Paese. Gli italiani tra contanti e depositi hanno infatti 1.460 miliardi di euro, un “tesoretto” che può aiutare a far ripartire i consumi, dunque l’economia. E che può aiutare anche a finanziare lo sforzo dello Stato prima con il BTp Italia e poi con il  BTp Futura. Certo, una montagna di debito pubblico ma, ad oggi, alternative non ce ne sono, se non quella di attuare piani di rientro credibili senza pensare a patrimoniali di sorta.